Il trattamento manipolativo Osteopatico nella gestione multidisciplinare del mal di schiena lombare (LBP)
Il mal di schiena è uno dei problemi di salute più comuni con un grande impatto personale, comunitario e finanziario a livello globale, maggiormente diffuso tra le donne, i giovani in età evolutiva e le persone di età compresa tra 40 e 80 anni.
Il mal di schiena è uno dei problemi di salute più comuni che crea limitazione dell’attività, disabilità lavorativa ed assenze per malattia tra gli adulti (Buchbinder et al., 2013), ma anche uno dei principali fattori che contribuiscono al numero di anni vissuti con disabilità in tutto il mondo (Vos et al., 2015). Nelle persone anziane, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha identificato la LBP come la principale condizione invalidante (Woolf & Pfleger, 2003).
Questa problematica ha un grande impatto personale, comunitario e finanziario a livello globale, con una prevalenza nell’arco della vita dell’84% (Airaksinen et al., 2006).
Una revisione globale della prevalenza della lombalgia nella popolazione ne ha affermato la presenza in età adulta del 12-33%, con una presenza ad 1 anno del 22- 65% dei casi (Delitto et al., 2012).
La riscontriamo maggiormente tra le donne (Inoue et al., 2006; Lautenbacher et al., 2017), i giovani in età evolutiva e le persone di età compresa tra 40 e 80 anni. Tra le possibili spiegazioni di questa differenza vi sono: 1) il dolore legato all’osteoporosi (Giemza et al., 2015), alle mestruazioni (Dougherty et al., 2014; Grant et al., 2003; Meng et al., 2003) o alla gravidanza (Morone et al., 2016; Soriano & Rios, 1998; Sritoomma et al., 2014), 2) le influenze individuali o sociali che determinano differenze di sesso nella probabilità di riferire sintomi somatici (Inoue et al., 2006; Weiner et al., 2003; Weiner et al., 2008) e 3) i diversi percorsi di crescita tra i sessi durante l’adolescenza, che possono influenzare il dolore in questo periodo (Dziechciaz & Filip, 2014).
L’età avanzata è significativamente associata al mancato recupero e agli esiti negativi (Henschke et al., 2008). Il LBP è una ragione comune che costringe le persone ad andare in pensione (Plouvier et al., 2011), e le persone che vanno in pensione anticipata a causa del mal di schiena hanno una ricchezza totale e beni che producono reddito sostanzialmente inferiore, circa l’87% in meno rispetto a coloro che rimangono in attività a tempo pieno (Schofield et al., 2011). Negli Stati Uniti, oltre il 25% delle persone anziane affette da mal di schiena soffriva già di mal di schiena cronico quando è entrato in età pensionabile (Smith et al., 2013). Secondo questo studio, nel 2006-2007, i nati tra il 1946 e il 1964 hanno rappresentato il 51% dei costi totali del mal di schiena cronico, con un costo di oltre 10 miliardi di dollari per i servizi ambulatoriali (servizi forniti in ambito ambulatoriale, in ufficio o al pronto soccorso, compresi i farmaci acquistati su prescrizione medica in questi incontri) (Smith et al., 2013).
Nei Paesi sviluppati, la popolazione di anziani è destinata ad aumentare drasticamente. In Australia, si stima che entro il 2042 il 25% della popolazione, ovvero 6,2 milioni di persone, avrà più di 65 anni (AIHW, 2004; Fejer & Ruhe, 2012) ed anche i costi sostenuti dai singoli e dal governo continueranno a crescere.
Il LBP è classificato in base alla sua durata in: acuto (dolore di durata inferiore a sei settimane), subcronico (6-12 settimane) o cronico (più di 12 settimane) (Koes et al., 2010). Oltre l’85% di tutti i pazienti con LBP incontrati nell’ambito delle cure primarie presenta un dolore di origine nocicettiva sconosciuta (Moher et al., 2009), questo viene classificato come “lombalgia non specifica” (NSLBP).
La lombalgia cronica non specifica (NS-CLBP) è definita come dolore lombare che persiste per più di tre mesi, in assenza di un sospetto di patologia (condizioni di allarme, come ad esempio un tumore, un’infezione o una frattura); generalmente i pazienti riferiscono disabilità fisiche e disagio psicologico in presenza di dolore (Andersson, 1999). La prevalenza varia dal 4% al 20%, aumentando dai 30 fino ai 60 anni di età e si stabilizza nella settima decade, maggiormente presente e rilevante nelle donne, con un rapporto di circa 1,5:1 (Meucci et al., 2015).
La patogenesi del LBP è multifattoriale e non ancora del tutto chiara, nonostante la pubblicazione di numerosi studi. Tuttavia, recenti ricerche stanno considerando il problema come il risultato di interazioni di fattori biologici, psicologici e sociali (Pincus et al., 2003).
La sensibilizzazione Centrale è considerata uno degli aspetti chiave della NS-CLBP (Roussel et al., 2013).
Nei soggetti con dirturbi muscoloscheletrici (DMS) cronici e nelle sindromi dolorose/infiammatorie croniche si verificano alterazioni neuro-molecolari, strutturali e funzionali a livello del Sistema Nervoso Centrale (SNC) (Apkarian et al., 2009; Apkarian et al., 2011; Moseley & Flor, 2012; Pelletier et al., 2015; Wall et al., 2002; Ward et al., 2015). I processi neurofisiologici possono predisporre (Baliki et al., 2012; Mansour et al., 2013) e/o contribuire alla fisiopatologia di queste condizioni (Moseley & Flor, 2012; Pelletier et al., 2015; Wand & O’Connell, 2008).
Gli studi condotti sugli animali e sull’uomo dimostrano che il sistema neuro-muscoloscheletrico e la corteccia interagiscono continuamente e che le lesioni periferiche e i cambiamenti associati nella struttura e nella funzione alterano questa interazione (Wall et al., 2002). Le ricerche condotte negli animali e nell’uomo dimostrano che i cambiamenti neuroplastici si verificano rapidamente con le modifiche dell’output sensoriale e dei comportamenti al Sistema Nervoso Centrale (SNC) (Classen et al., 1998) e in concomitanza con le lesioni strutturali periferiche e i mediatori infiammatori (Barr et al., 2004; Coq et al., 2009). Questi cambiamenti neurofisiologici nei soggetti con DMS cronici sono coerenti con i risultati sperimentali e clinici di un’alterazione della trasmissione sensoriale, compresa l’amplificazione sensoriale del dolore (Latremoliere & Woolf, 2009), di cambiamenti del controllo motorio, come l’alterazione dei modelli di reclutamento muscolare (Hodges & Tucker, 2011), di cambiamenti nei processi percettivi, compresa l’alterazione dell’immagine corporea (Tsay et al., 2015), di tratti psicologici, come la catastofizzazione e la somatizzazione, e di cambiamenti comportamentali, come l’evitamento della paura (Simons et al., 2014).
Queste scoperte spiegano probabilmente il motivo per cui i trattamenti farmacologici (FANS, steroidi e oppioidi) non sono particolarmente raccomandati nella NS-CLBP, anche in considerazione dei loro potenziali effetti avversi (Pillastrini et al., 2012). Al contrario, gli interventi attivi, tra cui l’esercizio fisico, la terapia cognitivo-comportamentale o la riabilitazione multidisciplinare, rappresentano un’ottima soluzione.
La natura multifattoriale del LBP implica l’utilizzo di vari approcci per la sua gestione, tra cui diverse classi farmacologiche, terapie psicologiche e psichiatriche, dieta, riabilitazione motoria e terapia manuale.
La gestione del LBP tramite il solo utilizzo della medicina convenzionale può portare a risultati insoddisfacenti, pertanto vi è un aumento di interesse nell’utilizzo della terapia manuale, con un’efficacia comprovata. Tutto questo ha portato un largo utilizzo di questo approccio sia tra i professionisti medici che tra i pazienti.
L’osteopatia è un approccio sanitario basato sul contatto manuale per la diagnosi e il trattamento delle disfunzioni somatiche (SD), cioè ristabilire l’equilibrio funzionale in ogni parte dell’organismo.
Nel trattamento manipolativo osteopatico (OMT) vengono utilizzate un’ampia gamma di tecniche manuali, che possono includere lo stiramento dei tessuti molli, la mobilizzazione delle articolazioni, lo stiramento isometrico resistito “a energia muscolare”, il rilascio miofasciale (MFR), le tecniche ad HVLA, il trattamento craniosacrale (CST) e le manipolazioni viscerali (OVM); ciascuna di queste modalità può essere applicata da sola o in combinazione. Il trattamento è caratterizzato da un approccio integrale e può essere applicato a molte regioni del corpo, talvolta distanti dall’area sintomatica.
La natura multifattoriale del mal di schiena implica l’utilizzo di vari approcci per la sua gestione, tra cui diverse classi farmacologiche, terapie psicologiche, probiotici e antibiotici, dieta e terapia manuale.
Vi è un aumento di interesse nell’utilizzo della terapia manuale, con un’efficacia comprovata. Tutto questo ha portato un largo utilizzo di questo approccio sia tra i professionisti medici che tra i pazienti.
L’osteopatia è un approccio sanitario basato sul contatto manuale per la diagnosi e il trattamento delle disfunzioni somatiche (SD), cioè ristabilire l’equilibrio funzionale in ogni parte dell’organismo.
Nel trattamento manipolativo osteopatico (OMT) vengono utilizzate un’ampia gamma di tecniche manuali, che possono includere lo stiramento dei tessuti molli, la mobilizzazione delle articolazioni, lo stiramento isometrico resistito “a energia muscolare”, il rilascio miofasciale (MFR), le tecniche ad HVLA, il trattamento craniosacrale (CST) e le manipolazioni viscerali (OVM); ciascuna di queste modalità può essere applicata da sola o in combinazione. Il trattamento è caratterizzato da un approccio integrale e può essere applicato a molte regioni del corpo, talvolta distanti dall’area sintomatica.
Gino Lorenzo Aurora
D.O. BSc (Hons) Osteopath (UK)
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