La triade terribile: quando il ginocchio fa “crack”

Le lesioni a carico delle strutture capsulo-legamentose del ginocchio sono tra i principali infortuni che possono compromettere la carriera sportiva di un atleta.

Tra queste condizioni, la “triade terribile” rappresenta una complessa patologia che determina instabilità articolare e richiede un intervento chirurgico e un lungo percorso riabilitativo per il ripristino delle funzioni del ginocchio.

La “triade terribile” è stata originariamente definita come la rottura del legamento crociato anteriore, del legamento collaterale mediale in associazione alla lesione del menisco mediale.

Questo tipo di infortunio può avvenire nei cambi di direzione e nei movimenti a pivot, con il piede piantato a terra, o in seguito ad un colpo diretto postero-lateralmente alla gamba. Il ginocchio, dunque, subisce uno stress in valgo e in rotazione esterna della tibia, tale da trazionare il comparto mediale e comprimere quello laterale.

Il paziente potrebbe riferire di aver sentito un “pop” o un “crack” e avrà impossibilità a caricare l’arto interessato sin dal momento della lesione.
All’ispezione il ginocchio si presenta gonfio, con aree emorragiche, e la palpazione lungo la rima articolare, soprattutto nella regione mediale, evocherà il dolore del paziente.

Attraverso la raccolta dell’anamnesi si andrà ad indagare il meccanismo lesionale per poter indirizzare correttamente l’esame obiettivo.

All’esame fisico si andrà ad indagare la lesione del LCA, del LCM, del menisco mediale e laterale.

Il Test di Lachman e l’Anterior Drawer Test permetteranno di sospettare una possibile rottura del legamento crociato anteriore, evidenziando la traslazione anteriore della tibia rispetto al femore.

La lesione del LCM viene confermata alla positività dello stress test in valgo con il ginocchio flesso a 30° in caso vi sia un’apertura della linea articolare superiore a 5-10 millimetri rispetto al controlaterale.
Un test impiegato per valutare la presenza di instabilità antero-laterale e rotatoria è il Pivot-Shift Test, mentre la positività al Test di McMurray, associato ai sintomi meccanici e alla palpazione dell’emirima articolare, può indicare lesioni meniscali.
I test verranno ripetuti sotto anestesia per quantificare il grado di instabilità e programmare adeguatamente l’intervento chirurgico.

Con la RMN è possibile confermare le lesioni legamentose e, inoltre, evidenziare la presenza di edema osseo, spesso localizzato nel compartimento laterale a cause delle forze in compressione.
L’artroscopia permette di individuare la presenza della lesione meniscale, di eventuali lesioni condrali o altre patologie intra-articolari.

Il trattamento di scelta è la chirurgia per ripristinare la stabilità statica dell’articolazione. In caso di grave instabilità antero-mediale, con apertura articolare allo stress in valgo maggiore di 10 mm, si esegue il trattamento chirurgico del LCM in combinazione alla ricostruzione del LCA. Qualora invece vi sia una lesione di II grado, o inferiore, del LCM, si opta per ricostruire unicamente il legamento crociato anteriore.

Nei casi di lesioni meniscali centrali e ingombranti l’articolazione, che determinano blocco dei movimenti, può essere eseguita una meniscectomia parziale o totale. Se invece la lesione meniscale è in periferia (“zona rossa”) si decide se intervenire conservativamente o con una sutura chirurgica.

In presenza di una lesione anche del complesso antero-laterale può essere necessaria la riparazione del legamento antero-laterale (LAL) per migliorare il controllo rotazionale e ridurre il rischio di recidiva.In seguito all’intervento chirurgico, verrà definito il programma riabilitativo, della durata di 6 – 18 settimane, per controllare il dolore e il gonfiore, per il recupero del ROM, della forza muscolare, della propriocezione e delle funzioni necessarie alle esigenze del paziente.

Nella prima fase post-operatoria il paziente viene istruito ad eseguire esercizi di contrazione isometrica del quadricipite e degli hamstring.Il dolore e l’edema possono provocare il riflesso di inibizione muscolare (o inibizione muscolare artrogenica, AMI) che impedisce il corretto reclutamento del quadricipite. Per tale ragione possono essere utilizzate tecniche di biofeedback ed elettrostimolazione per massimizzare la contrazione muscolare e recuperare il deficit in estensione. Vengono eseguiti esercizi di mobilità controllata per anca, ginocchio e caviglia rispettando i sintomi del paziente per evitare un’eccessiva reazione infiammatoria. In funzione del recupero della deambulazione è importante ottenere l’estensione completa e almeno 90° di flessione.

Nella seconda fase, indicativamente dalla terza alla dodicesima settimana, l’obiettivo è mantenere il ROM completo, migliorare la forza dei muscoli dell’anca e del ginocchio, attraverso esercizi isotonici concentrici ed eccentrici, e progredire verso la rieducazione alla deambulazione senza stampelle.
La letteratura raccomanda l’utilizzo sia di esercizi in carico, a catena cinetica chiusa, che a catena cinetica aperta (CCA) non essendoci sostanziali differenze nella traslazione anteriore della tibia, nello sviluppo della forza del quadricipite e delle funzioni del ginocchio. Per evitare di stressare eccessivamente i nuovi tessuti soprattutto nelle prime settimane, si consiglia di iniziare il lavoro a CCA partendo da un angolo di flessione tra 60°-90°.
Per il mantenimento dell’endurance e della fitness cardio-respiratoria possono essere impiegate cyclette o il nuoto, in modo da evitare attività eccessivamente ad impatto.

Nella terza fase si aumentano i carichi di lavoro monitorando le risposte ai nuovi stimoli. Un aspetto cruciale in questa fase è il training neuromuscolare in modo da definire corretti pattern di movimento e ridurre il rischio di un nuovo infortunio. Equilibrio monopodalico, affondi nei diversi piani, step-up e step-down, sono alcuni esempi degli esercizi proposti per lavorare sulla stabilità dinamica e sulle strategie di controllo motorio.
Dalla 13-18 settimana è possibile iniziare con esercizi di rinforzo funzionali e propriocettivi propedeutici al ritorno alla corsa che sarà consentita in caso di: ROM completo in flessione ed estensione, dolore sulla scala VAS <2, forza isometrica del quadricipite >70% rispetto al controlaterale (limb symmetry index, LSI), forza isocinetica del quadricipite e degli hamstring >70% rispetto al controlaterale, hop test LSI >70%.
Generalmente dalla 24 settimana si ritorna all’allenamento sport-specifico, ai programmi di corsa e salti progressivi.

Si consiglia il ritorno all sport e alla performance dopo almeno 9 mesi dall’infortunio e in presenza dei seguenti criteri: assenza di segni di infiammazioneforza isocinetica del quadricipite e degli hamstring >90% del controlaterale; LSI ai test di salto >90%; capacità di svolgere compiti sport-specifici (come corsa, scatti, cambi di direzione); assenza di fattori psicologici (paura) che possano compromettere il ritorno allo sport.

È importante conoscere le variabili dei diversi sport (contatti con avversari, velocità del gesto, multidirezionalità dei movimenti, stimoli improvvisi) in modo da proporli al paziente per garantire il ritorno in sicurezza all’attività sportiva.

Riferimenti

  • Barber, F. A. (1992). What is the terrible triad?. Arthroscopy: The Journal of Arthroscopic & Related Surgery, 8(1), 19-22.
  • Rambaud, A. J., Ardern, C. L., Thoreux, P., Regnaux, J. P., & Edouard, P. (2018). Criteria for return to running after anterior cruciate ligament reconstruction: a scoping review. British journal of sports medicine, 52(22), 1437-1444.
  • Ferretti, A., Monaco, E., Ponzo, A., Dagget, M., Guzzini, M., Mazza, D., … & Conteduca, F. (2019). The unhappy triad of the knee re-revisited. International orthopaedics, 43(1), 223-228.
  • Weber, A. E., Kopydlowski, N. J., & Sekiya, J. K. (2015). Nonsurgical management and postoperative rehabilitation of medial instability of the knee. Sports medicine and arthroscopy review, 23(2), 104-109.


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